ph Valerio Ferrario
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June 01st, 2020

1/6/2020

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Le cose che ho imparato, le ho imparate a bassa voce. Me le hanno dovute dire piano. Nessuna esplosione e nessun urlo. Piccoli fuochi, leggeri, che non scottano.
Le cose che ho imparato, le ho imparate casualmente, dolcemente, come parole nuove. E le parole nuove van dette in punta di labbra, altrimenti scappano e non le trovi più.
Le cose che ho imparato le ho imparate a passi cauti, guardando bene il cielo e la terra. Le ho imparate senza correre, per non calpestare i fiori.
Son delicati, i fiori appena nati.
Le cose che ho imparato non le ricordo tutte, come si fa a ricordarle tutte, mi dico. Ma ne ricordo alcune. 
Ricordo le cose che mi hanno insegnato con cura, con cautela, senza rabbia.
Non ho imparato dalle ferite, io. Ho imparato dai baci sottili e dalle carezze fini.

Per questo, pretendo dal mondo una certa grazia. E poco dolore.

​#esercizidiliibertà (Fase3:andarcipiano)

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May 27th, 2020

27/5/2020

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Mi capita di dimenticare le chiavi fuori dalla porta. Come a dire, siete invitati, potete entrare.
Una volta le ho abbandonate tutto il giorno. Sono uscita, ho lavorato, ho incontrato, ho pensato, e alla sera sono tornata. Non le ho nemmeno dovute cercare, le chiavi, mi aspettavano.
Come a dire, nessuno entra se tu non sei in casa.
Non ho capito se lasciare le chiavi fuori dalla porta, nella toppa, pronte, è segno di fiducia, di coraggio o di distrazione.
Non ho ancora capito.
Quel che ho capito, però, è che se lasci le chiavi fuori dalla porta nessuno avrà voglia di scardinarla.
E vale per le case, ma pure per le persone.

Se avessi la chiave di me, mi piacerebbe dimenticarla sull’uscio.
Per provare.
#esercizidilibertà (fase2.2)
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May 19th, 2020

19/5/2020

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Io, nella mia vita, ho cambiato voce. Più volte.
La prima è stata quando avevo sedici anni.
Mi son trovata di colpo a volume basso e tono alto.
La seconda a vent'anni. Me lo ha detto un tizio che mi ha fatto un colloquio per un call center. Avrei dovuto vendere vino, ma lui mi consigliava di dedicarmi ad un altro genere di telefonate. Più redditizio, diceva lui. Io al momento non ho capito, dopo sì. Ma non mi ci sono mai applicata, quindi non so se aveva ragione.
La terza volta è stasera.
Parlavo.
Il tono si è fatto più basso e il volume era al posto giusto.
Né troppo né troppo poco.
Guarda un po', le parole escono con poco sforzo.
Come l'acqua, l'acqua fa poco sforzo.
Sono intonata alla città, mi son detta.
Pure lei, oggi, ha cambiato frequenza.

Ci son cambiamenti che non han bisogno di volume.
Eh, già.
Han solo bisogno di attenzione.
E pazienza.
#esercizidilibertà (fase2.2)
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May 17th, 2020

17/5/2020

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Parecchi anni fa ho avuto una crisi allergica.
Nel tragitto tra la stazione e la scuola di teatro che frequentavo, il prurito era diventato insopportabile, mi lacrimavano gli occhi e meditavo di staccarmi il naso. Arrivata dove dovevo arrivare mi si era gonfiato il collo ed era nata una costellazione di bolle.
Avevo diversi amici in quella scuola e altri che conoscevo poco. Tra quelli che conoscevo poco ce n'era uno che pareva simpatico, ma poi chi lo sa, non ci avevo mai parlato.
Il tizio in questione viene con fare risoluto e dice, senti, è meglio se vai al pronto soccorso. E io, ma no, dai, non è niente. E lui, guarda che è meglio, lo so. E io, no, senti, lascia stare.
E lui: è successo anche a mia cugina. Ti porto io.
Di passaggi così, a caso, io, nella mia vita, ne ho accettati davvero pochi. Perché poi dell'altro ti puoi pure fidare, ma chissà, magari ti molla a un angolo di strada o è noioso da morire o ti vuol rubar qualcosa o dice A per dire B o ti tratta male o alza la voce o boh.
Insomma, l'altro alla fine fa quel che gli pare.
E bisogna starci attenti. All'altro.
Però quella volta, il passaggio l'ho accettato.
Un po' di cortisone e il naso, le orecchie, la bocca e il collo sono tornati al posto loro.
Riportandomi a casa, il tizio, che conoscevo poco ma ora aveva un nome, mi ha detto, sai, la storia di mia cugina non era vera, però tu al pronto soccorso comunque ci dovevi andare, Francé.

Ecco, l'altro magari si inventa le cugine, ma a volte val la pena fidarsi.
E visto che domani tutti quanti, più o meno, si esce di casa, io me lo ripeto: val la pena fidarsi.
In tanti casi.
E in tutte le fasi.
Dell'altro vale la pena fidarsi.
#esercizidilibertà (fase2.2)
N.B. Io e il tizio si è amici da mezza vita. Nonostante non avesse una cugina.
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May 05th, 2020

5/5/2020

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Lui ha qualche libro, li tiene in ordine, impilati l'uno sull'altro. Due o tre coperte ben piegate. Un po' di bicchieri di plastica, non li butta dopo averli usati, li tiene da parte, saranno utili. Ha anche un paio di scatole, ma piccole, servono per le cose importanti. Lui, il signore che vive sotto la pensilina della 61 (o della 58 o della 50, non so), raccoglie la sua vita con cura. Tutte le mattine.
Ha anche un pupazzo (era la prima cosa che volevo dire, in realtà). Un pupazzo che è un cane-lombrico a strisce nere e bianche. Con il naso rosso. Naso rosso e muso triste.
Mi chiedo se lo abbraccia, quando dorme.
Vorrei che lo abbracciasse, quando dorme.
Lui, il signore della pensilina, ha attraversato la fase uno silenziosamente, senza andare al parco perché non si poteva.
E il mondo l'ha lasciato tranquillo.
Ma adesso il cantiere della metropolitana è ripartito e l'aria non profuma più di maggio.
Mi dispiace. Anche se il profumo di maggio, in effetti, è durato solo tre giorni e c'è da esser comunque contenti, perché il profumo di maggio, io, in Via Foppa, non l'avevo sentito mai.
E secondo me neppure lui.
Ma è la fase due e le cose cambiano, va bene così.
Abbia pazienza, vorrei dirgli, abbia pazienza lei, signore della pensilina, presto ci sembrerà tutto normale. Tutto ci sembrerà di nuovo normale.
Vorrei dirglielo.
Ma la cosa più probabile è che lui lo sappia già.
E che per questo, ogni giorno, sistemi la sua casa.
Non serve avere una porta, per lasciar fuori il rumore.

#esercizidilibertà (ancheiohopaura)
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April 18th, 2020

18/4/2020

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Mia nonna mi viene in mente spesso. La nonna che non c'è. Mi viene in mente quando non la penso.
Così mi è venuta in mente mentre leggevo un articolo di Agamben.
Diceva che in questo momento la religione e la giustizia hanno abdicato alla scienza.
In nome della scienza abbiamo accettato, senza alcuna ribellione, di non vedere i nostri morti morire.
Abbiamo accettato di farne numero, conteggio, grafico.
In nome della scienza, nuova divinità e nuova giurisdizione, abbiamo accettato che un pericolo potenziale legittimasse l'assenza di commiato. E di compassione.
Abbiamo accettato che non ci fossero corpi né funerali.
Solo ceneri.
La nuova comunione si compie chiusi in casa, ci hanno detto.
Nessuna condivisione. Nessun rito. Nessuna visione.
In nome della scienza lo hanno imposto. E noi lo abbiamo accettato.
Del resto non abbiamo mai voluto vederla, la morte.
Ora ci hanno finalmente detto che è anche giusto, non vederla.

Quando mia nonna è morta ero lì.
Anche se la mano non gliela tenevo io, ma mia cugina piccola, ero lì. Ero lì quando abbiamo raccolto le sue cose, quando l'hanno portata alla camera ardente e le ho cantato Buonanotte fiorellino, piano piano, nell'orecchio.
Ero lì prima ed ero lì dopo.
Ero lì.
A vedere che si muore.
Lo sapevo che si muore, ma non lo avevo mai visto prima.
Non vedere fa paura.
E la paura è un'ottima arma per tenere in ostaggio il pensiero.
La paura fa accettare tutto.
Me lo ha insegnato mia nonna.
Che è morta l'anno scorso. Per fortuna.

#esercizidilibertà (ancheiohopaura)
​
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April 15th, 2020

15/4/2020

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Ieri sera s'è alzato il vento.
E così mi sono protetta ben bene, ho messo il maglione per uscire con il cane Olmo e la giacca e pure il foulard.
Ho chiuso le finestre e sono andata a letto presto.
Poi, stamattina, ho trovato l'odore del mare.
Sa fare chilometri, l'odore del mare.
Non si deve aver paura quando il vento soffia.
Nessuna paura.
L'aria è buona.

#esercizidilibertà (ancheiohopaura)

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April 09th, 2020

9/4/2020

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Della storia di domani non sento la voce
non la conosco.
Arriverà nel tempo
col tempo
arriverà la sera in cui sarò presente a me stessa
al mattino
a colazione
nel punto in cui l’orologio si infrange
quando serro il rubinetto in cucina
quando è l’amore.
Nel momento esatto dell’accadere
non prima e non dopo
la voce di domani
arriverà
nel presente.
 
#esercizidilibertà (ancheiohopaura)
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April 05th, 2020

5/4/2020

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La signora di fronte, al primo piano, ha sempre le tapparelle abbassate e l'inferriata della finestra sul balcone chiusa. Sempre. Io pensavo che non ci fosse. O che non esistesse.
Poi è arrivata la sua voce.
Disobbedienti, ha gridato. Disobbedienti!
Mi pare che quello dei disobbedienti fosse un movimento post G8, ricordo, vagamente, una cosa così, quindi mi affaccio (finalmente posso esprimere senza vergogna tutto il mio voyeurismo per la vita altrui) e guardo giù.
Non capisco.
Guardo meglio.
Non sono i disobbedienti che mi aspettavo, gente con gli striscioni, urlatori, cinque provocatori tutti insieme a sfidare il sistema #iorestoacasa.
No.
I disobbedienti sono una mamma e una bambina di tre anni che camminano su un marciapiedi deserto. A onor del vero, devo dire, il padre c'era, circa cinque metri più avanti, con un sacchetto della spesa.
La signora urla, andate a casa non si esce in tre.
Tre in tutto, in tutta la strada, noto io.
La mamma urla, ma cosa vuole mio marito ha fatto la spesa.
La signora rilancia, come no con quel sacchettino che spesa avete fatto!
Il marito si gira e chiede, vuole scendere signora?
La bambina guarda.
Lei guarda tutti.
E continua a guardare anche quando la signora torna nel suo bunker, con la sua paura, con la sua rabbia, con se stessa e con la sua storia. Che non conosco, è vero.
La bambina guarda. Anche quando il papà la prende in braccio e la mamma si lamenta.
La bambina guarda e non capisce niente.
 
Mi viene in mente la figlia di una mia amica che mi ha detto, al telefono, hai presente, no, quel virus? Quel virus pericolosissimo che contagia tutti.
Ecco, adesso l'ho presente quel virus. È il virus del tutti contro tutti.
E si salvi chi può.
 
Io tifo per la bambina.
È suo il mondo, non nostro.
 
#esercizidilibertà (ancheiohopaura)
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March 30th, 2020

30/3/2020

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E se, d'un tratto, niente fosse più prevedibile?
Non sapere niente di niente, mai più.
Niente previsioni. Mai.
Solo incertezza. Indefinito.
Niente numeri, niente calcolo delle probabilità, niente statistiche e niente date.
Niente di niente.
Niente compleanno perché non si sa più quando casca il tuo anno, niente Natale perché si tira solo ad indovinare. Niente Pasqua che tanto quella cambia data comunque.
Si sceglie un giorno a caso, ognuno quando vuole. E basta.
Ci penso da stamattina.
Oggi doveva piovere a dirotto e domani nevicare, ma non nevicherà. Non voglio più previsioni, nessuna, mai.
Niente da sapere e niente da controllare, solo il presente del presente.
Solo presente, presente a se stesso.
Basta previsioni.
Domani guardo il cielo e vedo com'è.
Domani si farà.
 
#esercizidilibertà (ancheiohopaura)
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March 29th, 2020

29/3/2020

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Il mare della mia infanzia era un mare brutto, pieno di case brutte, pieno di alghe brutte. Ma era mio e c'era vento.
A marzo, c'era sempre vento.
La mattina si andava a prendere il sole appoggiati ai muretti, al riparo dalla sabbia, in faccia alla luce. Mia nonna voleva il caffè al tavolino del bar, mia mamma diceva togliti le scarpe che si riempiono di sabbia. Mio fratello non so, non mi ricordo.
Ci sarà ancora quel posto, adesso? Ci sarà ancora il vento?
Vorrei andare a verificare per non avere paura di un altrove sparito. Ma non posso.
Così, da un paio di settimane, mi siedo accanto alla finestra aperta e ascolto.
Ascolto il suono del mare.
E non m'importa niente che sia il rumore di un telo di cellophane sul balcone del vicino. Non mi importa quasi niente.
Tutti i posti in cui io non sono comunque ci sono, mi dico.
Ci sono, anche se io non li guardo.
Ci sono. Nonostante la mia assenza.
E il vento arriva dappertutto.
 
#esercizidilibertà (ancheiohopaura)
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March 25th, 2020

25/3/2020

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La signora con il cane piccolo che si chiama Luna mi ha spiegato che ieri la polizia l'ha fermata, attraversando il parco sulla sua volante, e le ha detto che no, non deve proprio fare entrare il cane in area cani.
Mai.
Anche se è da sola non lo deve fare. Mai.
Lei deve camminare sul marciapiedi. Sempre.
E non fare più di duecento metri.
Mai.
Immagino che la polizia li avrà contati in passi molto precisi, quei 200 metri, oppure con un metro molto lungo e molto flessibile o forse li ha misurati in linea d'aria con quella lucina rossa, tipo laser. Non so.
Comunque, l'area cani oggi era deserta mentre sul marciapiedi eravamo almeno in cinque.
Quindi sono entrata, con Olmo il cane mio, la piccola Luna e la signora,
Lei era contenta, credo che si sentisse come quando a quattordici anni andava a fumare sul balcone per non farsi vedere dalla mamma. Una mamma molto severa.
Però se ne è andata dopo due minuti. Dicendomi che le faceva paura la polizia.
Le faceva paura la polizia, più della malattia.
Allora ho capito che no. Dai. No.
La paura dei virus, del buio, degli incubi, delle strade strette da cui non puoi scappare, la paura di morire, va bene.
Ma la paura di esistere no.
Quella no.
Perché io, insomma, li faccio i miei esercizi di libertà e le trovo le cose piccole, sottili e buone come l'aria pulita di un marzo che gela le mani.
Quindi no.
E ora la smetto di tenere gli occhi bassi, perché non li sto tenendo bassi per tristezza, li sto tenendo bassi perché mi sento in colpa.
Ma non ho colpa di niente.
Non abbiamo colpa di un bel niente.
A parte la colpa di vivere.
E quella ce l'hanno tutti.
Pure i poliziotti.
 
#esercizidilibertà (ancheiohopaura)
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March 24th, 2020

24/3/2020

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C’è il mistero e la paura
la rabbia dura
le mani di armi armate
e l’attesa del vero che non sempre è sincero
l’hanno chiesto
ed io l’ho fatto
(a comando rispondo)
ho lavato le mani tre volte ogni volta
giuro
il mio cane non va al parco ed io non vado al mare
giuro
faccio tutto giusto
giuro
a parte non sapere cosa è giusto
Però ci sono gazze e lepri
e mostri marini quasi a riva
ci vuole qualcuno a cui dirlo
sottovoce
 
#esercizidilibertà (ancheiohopaura)
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March 20th, 2020

20/3/2020

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Se io avessi dei bambini, oggi, proprio non saprei che dirgli.
Dopo il mondo colorato sopra un foglio, dopo la cerimonia del te con l'acqua del rubinetto, dopo i giochi, dopo il sonno, dopo infiniti abbracci, io, per far passare la paura, proprio non saprei che fare, e per far passare il tempo, non avrei dove andare, e per spiegare, non avrei inizio da cui cominciare.
Forse allora gli parlerei soltanto di quante persone potranno dopo incontrare, di quanta aria c'è da respirare. E del mare.
E loro direbbero che tutte queste cose si possono già immaginare e che sono solo i grandi a dubitare, perché, oltre il muro di casa, non sanno proprio guardare.
 
#esercizidilibertà (ancheiohopaura)
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March 17th, 2020

17/3/2020

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Lui non sa pulire bene quel che è sporco.
Ci prova, si mette d'impegno, maniche di camicia, pantaloni con la piega. Sfrega, frega. Prende freddo.
Lei controlla, lo sgrida. Lui riprova.
Lei ricontrolla, lo sgrida. Lui prova.
Va meglio.
La sera hanno un bicchiere di vino e la cucina illuminata.
Parlano di quel che c'è da pulire e del giorno da passare, dei vestiti da stirare e della paura.
Anche di quella.
Della paura.
Sicuramente.
Parlano. E io li guardo.
Ma stasera non li vedo
Luci spente.
Al buio ci si parla con più cura, penso.
E tutto è pulito.
 
#esercizidilibertà (ancheiohopaura)
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