Ce ne stiamo nascosti al buio.
Nell’utero di una madre di legno. Col calore dei nostri respiri.
Nella notte di chi è senza finestre.
Ce ne stiamo, accovacciati come bambini, sdraiati sul fianco, con le armi sul cuore.
Nel silenzio di chi attende il parto.
Ce ne stiamo, addossati gli uni con gli altri. Nella pancia del cavallo che è grande
come una montagna. Ce ne stiamo in attesa del giorno.
Muti.
Quella pancia è una casa. Quella casa un corpo. È una gestazione che prepara il
travaglio.
Questo paese è il cavallo di Troia. E la pancia di Andromaca.
Stuprata, devastata, distrutta.
E fiorita.
Il dono della morte è nella vita.
Haner è partita per la Siria. Si è unita a Daesh e, così, ha aderito ad un sistema sociale, culturale, etico del tutto differente da quello a cui noi apparteniamo. Ma Haner non ha origini mediorientali, non è un’immigrata, non è un’emarginata, non è stata manipolata e non è pazza. Haner è una giovane donna francese che può fare, ed essere, tutto ciò che vuole.
Haner è libera di scegliere e semplicemente mette in atto la propria libertà. Una libertà feroce che non si fa controllare, definire o interpretare, che va oltre il valore della morte e della vita, oltre la comprensione e al di là di qualsiasi previsione.
In sette giorni, la madre, il padre, un innamorato e un’amica di Haner tentano di dare un senso alla sua storia. Attraverso le loro parole l'autrice, anch'essa in scena, cerca una possibile definizione all’improbabile, oscena, incredibile libertà di Haner. Bastano sette giorni per cercare di comprendere il perché della sua scelta? Esiste questo perché?
Solo sette giorni - sette come sette sono i giorni della creazione, nella Bibbia e nel Corano – e solo il tempo dello spettacolo per capire quanta e quale libertà siamo davvero in grado di tollerare.
Perché, al di là di tutto, Haner, quando sceglie, è libera.
E noi sappiamo accettare una libertà per cui la vita non è necessariamente un valore? Una libertà per cui l’individuo non è bene prezioso da difendere, ma solo funzione o frammento di una comunità? Una libertà che uccide?
Tu es libre significa: tu sei libero. E se sei libero dovresti riuscire ad accettare la libertà dell’altro.
In ogni caso.
Appunti teorici
Chi realmente determina il corso della storia?
Tu es libre ha la sua origine in due riferimenti fondamentali, uno legato alla contemporaneità e l’altro alla classicità.
Il riferimento al contemporaneo prende spunto dal cambiamento epocale - individuale, sociale, politico, economico e di pensiero - che il movimento islamico sta portando nel contesto occidentale, cambiamento che si attua sia in maniera diretta ed evidente sia soprattutto attraverso figure "secondarie", personaggi in qualche modo insospettabili, che non ricoprono ruoli di potere né sono significativi a livello mediatico, persone qualunque che, in nome di un'idea diventano protagonisti della Storia.
Il riferimento classico è invece nell’Iliade di Omero e, in particolare, nella figura di Andromaca, che ispira il nome della protagonista. Il nome Andromaca deriva dai due termini greci ἀνήρ (uomo, combattente) e μάχη (battaglia), un nome del tutto maschile per una figura in apparenza così femminile, ed è proprio questa la sua caratteristica: Andromaca nasconde, nel suo apparente ruolo secondario, l’essenza dell’eroe tragico, la sua forza e la sua straordinaria violenza. Involontaria protagonista di una guerra che, per citare Simone Weil, è archetipo di tutte le guerre.
Premessa
Andromaca, apparentemente, non ha una funzione determinante nello svolgersi degli eventi, eppure è figura necessaria alla guerra, parte nascosta ma essenziale della storia. Andromaca combatte una battaglia silenziosa ed è motore dell’azione drammatica: principio intoccabile, nodo bruciante di tensione e forza che accudisce e al contempo sprona alla guerra.
Molte sono le giovani occidentali che si sono unite ai fondamentalisti islamici, giovani donne che combattono una guerra che diventa la loro vita.
Si parla di diverse decine di donne che sono andate a vivere nel Califfato islamico. Si tratta di un fenomeno di cui si è cominciato a parlare dopo che alcune donne occidentali sono state arrestate per reati legati alle attività terroristiche dell’IS e, ancora di più, dopo i fatti del 7 gennaio 2015 a Parigi, con la comparsa alle cronache di Hayat Boumeddiene compagna di Amedy Coulibaly.
La maggior parte delle donne che si sono unite all’IS provengono da Francia e Regno Unito, ma anche da Austria, Belgio e Spagna. Non si può definirne con precisione il numero. La maggior parte di loro ha tra i 18 e i 25 anni.
Nella maggioranza dei casi le giovani donne che cercano il jihad non provengono da famiglie particolarmente religiose.
Nell’utero di una madre di legno. Col calore dei nostri respiri.
Nella notte di chi è senza finestre.
Ce ne stiamo, accovacciati come bambini, sdraiati sul fianco, con le armi sul cuore.
Nel silenzio di chi attende il parto.
Ce ne stiamo, addossati gli uni con gli altri. Nella pancia del cavallo che è grande
come una montagna. Ce ne stiamo in attesa del giorno.
Muti.
Quella pancia è una casa. Quella casa un corpo. È una gestazione che prepara il
travaglio.
Questo paese è il cavallo di Troia. E la pancia di Andromaca.
Stuprata, devastata, distrutta.
E fiorita.
Il dono della morte è nella vita.
Haner è partita per la Siria. Si è unita a Daesh e, così, ha aderito ad un sistema sociale, culturale, etico del tutto differente da quello a cui noi apparteniamo. Ma Haner non ha origini mediorientali, non è un’immigrata, non è un’emarginata, non è stata manipolata e non è pazza. Haner è una giovane donna francese che può fare, ed essere, tutto ciò che vuole.
Haner è libera di scegliere e semplicemente mette in atto la propria libertà. Una libertà feroce che non si fa controllare, definire o interpretare, che va oltre il valore della morte e della vita, oltre la comprensione e al di là di qualsiasi previsione.
In sette giorni, la madre, il padre, un innamorato e un’amica di Haner tentano di dare un senso alla sua storia. Attraverso le loro parole l'autrice, anch'essa in scena, cerca una possibile definizione all’improbabile, oscena, incredibile libertà di Haner. Bastano sette giorni per cercare di comprendere il perché della sua scelta? Esiste questo perché?
Solo sette giorni - sette come sette sono i giorni della creazione, nella Bibbia e nel Corano – e solo il tempo dello spettacolo per capire quanta e quale libertà siamo davvero in grado di tollerare.
Perché, al di là di tutto, Haner, quando sceglie, è libera.
E noi sappiamo accettare una libertà per cui la vita non è necessariamente un valore? Una libertà per cui l’individuo non è bene prezioso da difendere, ma solo funzione o frammento di una comunità? Una libertà che uccide?
Tu es libre significa: tu sei libero. E se sei libero dovresti riuscire ad accettare la libertà dell’altro.
In ogni caso.
Appunti teorici
Chi realmente determina il corso della storia?
Tu es libre ha la sua origine in due riferimenti fondamentali, uno legato alla contemporaneità e l’altro alla classicità.
Il riferimento al contemporaneo prende spunto dal cambiamento epocale - individuale, sociale, politico, economico e di pensiero - che il movimento islamico sta portando nel contesto occidentale, cambiamento che si attua sia in maniera diretta ed evidente sia soprattutto attraverso figure "secondarie", personaggi in qualche modo insospettabili, che non ricoprono ruoli di potere né sono significativi a livello mediatico, persone qualunque che, in nome di un'idea diventano protagonisti della Storia.
Il riferimento classico è invece nell’Iliade di Omero e, in particolare, nella figura di Andromaca, che ispira il nome della protagonista. Il nome Andromaca deriva dai due termini greci ἀνήρ (uomo, combattente) e μάχη (battaglia), un nome del tutto maschile per una figura in apparenza così femminile, ed è proprio questa la sua caratteristica: Andromaca nasconde, nel suo apparente ruolo secondario, l’essenza dell’eroe tragico, la sua forza e la sua straordinaria violenza. Involontaria protagonista di una guerra che, per citare Simone Weil, è archetipo di tutte le guerre.
Premessa
Andromaca, apparentemente, non ha una funzione determinante nello svolgersi degli eventi, eppure è figura necessaria alla guerra, parte nascosta ma essenziale della storia. Andromaca combatte una battaglia silenziosa ed è motore dell’azione drammatica: principio intoccabile, nodo bruciante di tensione e forza che accudisce e al contempo sprona alla guerra.
Molte sono le giovani occidentali che si sono unite ai fondamentalisti islamici, giovani donne che combattono una guerra che diventa la loro vita.
Si parla di diverse decine di donne che sono andate a vivere nel Califfato islamico. Si tratta di un fenomeno di cui si è cominciato a parlare dopo che alcune donne occidentali sono state arrestate per reati legati alle attività terroristiche dell’IS e, ancora di più, dopo i fatti del 7 gennaio 2015 a Parigi, con la comparsa alle cronache di Hayat Boumeddiene compagna di Amedy Coulibaly.
La maggior parte delle donne che si sono unite all’IS provengono da Francia e Regno Unito, ma anche da Austria, Belgio e Spagna. Non si può definirne con precisione il numero. La maggior parte di loro ha tra i 18 e i 25 anni.
Nella maggioranza dei casi le giovani donne che cercano il jihad non provengono da famiglie particolarmente religiose.
Testo finalista al Premio Riccione 2017
Création réalisée dans le cadre des Résidences de la Chartreuse de Villeneuve lez Avignon,
Programme Odyssée – ACCR, avec le soutien du Ministère de la culture et de la communication.
Iniziativa realizzata con il sostegno del progetto DE.MO. - Movin’Up seconda sessione 2015 e del PREMIO SPECIALE DE.MO./MOVIN'UP promossi dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo – Direzione Generale Arte e Architettura contemporanee e Periferie urbane – Direzione Generale Spettacolo insieme a GAI - Associazione per il Circuito dei Giovani Artisti Italiani
Il testo è tradotto in francese grazie al contributo della Maison Antoine Vitez ed è stato presentato come mise en espace all'interno dei Rencontres d'été de la Chartreuse durante il Festival d'Avignone 2017.
Il testo è pubblicato in italiano e francese da Cue press
La produzione di Tu es libre ha debuttato il 4 ottobre 2017 all’interno del FIT Festival di Lugano
Prima italiana Teatro i - 15 novembre 2017
regia Renzo Martinelli
con Liliana Benini, Maria Caggianelli Villani, Francesca Garolla, Viola Graziosi, Alberto Malanchino, Alberto Onofrietti
assistente alla regia Riccardo Motta
Produzione Teatro i con il sostegno di Fabulamundi Playwriting Europe – Beyond Borders? e NEXT – Laboratorio delle idee per la produzione e la distribuzione dello spettacolo dal vivo lombardo (edizione 2017/2018)
Création réalisée dans le cadre des Résidences de la Chartreuse de Villeneuve lez Avignon,
Programme Odyssée – ACCR, avec le soutien du Ministère de la culture et de la communication.
Iniziativa realizzata con il sostegno del progetto DE.MO. - Movin’Up seconda sessione 2015 e del PREMIO SPECIALE DE.MO./MOVIN'UP promossi dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo – Direzione Generale Arte e Architettura contemporanee e Periferie urbane – Direzione Generale Spettacolo insieme a GAI - Associazione per il Circuito dei Giovani Artisti Italiani
Il testo è tradotto in francese grazie al contributo della Maison Antoine Vitez ed è stato presentato come mise en espace all'interno dei Rencontres d'été de la Chartreuse durante il Festival d'Avignone 2017.
Il testo è pubblicato in italiano e francese da Cue press
La produzione di Tu es libre ha debuttato il 4 ottobre 2017 all’interno del FIT Festival di Lugano
Prima italiana Teatro i - 15 novembre 2017
regia Renzo Martinelli
con Liliana Benini, Maria Caggianelli Villani, Francesca Garolla, Viola Graziosi, Alberto Malanchino, Alberto Onofrietti
assistente alla regia Riccardo Motta
Produzione Teatro i con il sostegno di Fabulamundi Playwriting Europe – Beyond Borders? e NEXT – Laboratorio delle idee per la produzione e la distribuzione dello spettacolo dal vivo lombardo (edizione 2017/2018)
#esercizidilibertà
Cosa significa libertà.
Cosa comprende la libertà.
Che limite ha la libertà.
E poi. Chi stabilisce quel limite. Cosa, stabilisce quel limite. Essere liberi, fare una scelta libera, volere la libertà sono movimenti che tendono allo stesso obiettivo? E quell'obiettivo è necessariamente buono?
La mia libertà può davvero tenere conto della tua? Oppure, deve, comunque, tenere conto della tua?
Io non lo so. Non lo so bene, intendo. O comunque, non so rispondere con un sì o con un no. A nessuna di queste domande.
Però penso che, liberamente, si possa scegliere di fare qualcosa che ci sembra bene (anche se poi è male). E che, liberamente, si possa scegliere di fare male (anche pensando che sia per un - non "il" - bene).
E poi penso che, in ogni caso e sempre, si sia responsabili della propria libertà. Della sua cattiveria e della sua bontà. Dei feriti che lascia. Delle felicità che dona. Di tutto, insomma.
Alcune persone hanno inteso "Tu es libre" come una sorta di legittimazione ad atti che legittimi non possono essere, mai. Atti come fare del male, fare soffrire, abbandonare, tradire. Uccidere, persino. Hanno inteso che dicessi che erano atti compiuti "in nome" della libertà, e per questo, appunto, li legittimassi.
Non l'ho fatto. Non l'ho fatto perché questi atti legittimi non sono. Non lo sono per la legge, non lo sono per il dolore che provocano. Non lo sono. E non lo sono nemmeno per me.
Eppure, al di là della mia (nostra) volontà e al di là della mia (nostra) opinione, questi atti sono. Ci sono. Accadono.
E non sempre hanno una ragione, non hanno sempre un senso, non hanno un perché. E spesso nemmeno una colpa o qualcuno da punire.
(Questo sì, dovrebbe fare paura, il senso che non c'è.)
Quindi, a dire la verità, credere che compierli o non compierli sia una decisione del tutto umana (in cui Dio, la società, la legge, la povertà, il destino e vattelapesca non c'entrano nulla) è qualcosa che mi rassicura molto.
Perché io, in ogni caso, ho fiducia nell'umano.
E ho fiducia nell'umano perché l'uomo è libero.
Libero di fare bene e libero di fare male.
E almeno al cinquanta per cento delle probabilità, farà bene.
E il cinquanta per cento delle probabilità è molto più delle probabilità che abbiamo di vincere alla lotteria.
Cosa significa libertà.
Cosa comprende la libertà.
Che limite ha la libertà.
E poi. Chi stabilisce quel limite. Cosa, stabilisce quel limite. Essere liberi, fare una scelta libera, volere la libertà sono movimenti che tendono allo stesso obiettivo? E quell'obiettivo è necessariamente buono?
La mia libertà può davvero tenere conto della tua? Oppure, deve, comunque, tenere conto della tua?
Io non lo so. Non lo so bene, intendo. O comunque, non so rispondere con un sì o con un no. A nessuna di queste domande.
Però penso che, liberamente, si possa scegliere di fare qualcosa che ci sembra bene (anche se poi è male). E che, liberamente, si possa scegliere di fare male (anche pensando che sia per un - non "il" - bene).
E poi penso che, in ogni caso e sempre, si sia responsabili della propria libertà. Della sua cattiveria e della sua bontà. Dei feriti che lascia. Delle felicità che dona. Di tutto, insomma.
Alcune persone hanno inteso "Tu es libre" come una sorta di legittimazione ad atti che legittimi non possono essere, mai. Atti come fare del male, fare soffrire, abbandonare, tradire. Uccidere, persino. Hanno inteso che dicessi che erano atti compiuti "in nome" della libertà, e per questo, appunto, li legittimassi.
Non l'ho fatto. Non l'ho fatto perché questi atti legittimi non sono. Non lo sono per la legge, non lo sono per il dolore che provocano. Non lo sono. E non lo sono nemmeno per me.
Eppure, al di là della mia (nostra) volontà e al di là della mia (nostra) opinione, questi atti sono. Ci sono. Accadono.
E non sempre hanno una ragione, non hanno sempre un senso, non hanno un perché. E spesso nemmeno una colpa o qualcuno da punire.
(Questo sì, dovrebbe fare paura, il senso che non c'è.)
Quindi, a dire la verità, credere che compierli o non compierli sia una decisione del tutto umana (in cui Dio, la società, la legge, la povertà, il destino e vattelapesca non c'entrano nulla) è qualcosa che mi rassicura molto.
Perché io, in ogni caso, ho fiducia nell'umano.
E ho fiducia nell'umano perché l'uomo è libero.
Libero di fare bene e libero di fare male.
E almeno al cinquanta per cento delle probabilità, farà bene.
E il cinquanta per cento delle probabilità è molto più delle probabilità che abbiamo di vincere alla lotteria.