La signora con il cane piccolo che si chiama Luna mi ha spiegato che ieri la polizia l'ha fermata, attraversando il parco sulla sua volante, e le ha detto che no, non deve proprio fare entrare il cane in area cani.
Mai.
Anche se è da sola non lo deve fare. Mai.
Lei deve camminare sul marciapiedi. Sempre.
E non fare più di duecento metri.
Mai.
Immagino che la polizia li avrà contati in passi molto precisi, quei 200 metri, oppure con un metro molto lungo e molto flessibile o forse li ha misurati in linea d'aria con quella lucina rossa, tipo laser. Non so.
Comunque, l'area cani oggi era deserta mentre sul marciapiedi eravamo almeno in cinque.
Quindi sono entrata, con Olmo il cane mio, la piccola Luna e la signora,
Lei era contenta, credo che si sentisse come quando a quattordici anni andava a fumare sul balcone per non farsi vedere dalla mamma. Una mamma molto severa.
Però se ne è andata dopo due minuti. Dicendomi che le faceva paura la polizia.
Le faceva paura la polizia, più della malattia.
Allora ho capito che no. Dai. No.
La paura dei virus, del buio, degli incubi, delle strade strette da cui non puoi scappare, la paura di morire, va bene.
Ma la paura di esistere no.
Quella no.
Perché io, insomma, li faccio i miei esercizi di libertà e le trovo le cose piccole, sottili e buone come l'aria pulita di un marzo che gela le mani.
Quindi no.
E ora la smetto di tenere gli occhi bassi, perché non li sto tenendo bassi per tristezza, li sto tenendo bassi perché mi sento in colpa.
Ma non ho colpa di niente.
Non abbiamo colpa di un bel niente.
A parte la colpa di vivere.
E quella ce l'hanno tutti.
Pure i poliziotti.
#esercizidilibertà (ancheiohopaura)
Mai.
Anche se è da sola non lo deve fare. Mai.
Lei deve camminare sul marciapiedi. Sempre.
E non fare più di duecento metri.
Mai.
Immagino che la polizia li avrà contati in passi molto precisi, quei 200 metri, oppure con un metro molto lungo e molto flessibile o forse li ha misurati in linea d'aria con quella lucina rossa, tipo laser. Non so.
Comunque, l'area cani oggi era deserta mentre sul marciapiedi eravamo almeno in cinque.
Quindi sono entrata, con Olmo il cane mio, la piccola Luna e la signora,
Lei era contenta, credo che si sentisse come quando a quattordici anni andava a fumare sul balcone per non farsi vedere dalla mamma. Una mamma molto severa.
Però se ne è andata dopo due minuti. Dicendomi che le faceva paura la polizia.
Le faceva paura la polizia, più della malattia.
Allora ho capito che no. Dai. No.
La paura dei virus, del buio, degli incubi, delle strade strette da cui non puoi scappare, la paura di morire, va bene.
Ma la paura di esistere no.
Quella no.
Perché io, insomma, li faccio i miei esercizi di libertà e le trovo le cose piccole, sottili e buone come l'aria pulita di un marzo che gela le mani.
Quindi no.
E ora la smetto di tenere gli occhi bassi, perché non li sto tenendo bassi per tristezza, li sto tenendo bassi perché mi sento in colpa.
Ma non ho colpa di niente.
Non abbiamo colpa di un bel niente.
A parte la colpa di vivere.
E quella ce l'hanno tutti.
Pure i poliziotti.
#esercizidilibertà (ancheiohopaura)