Ho sognato una donna brutta, anziana ma non troppo, con la pelle rovinata e quell'espressione amara delle labbra, quell'espressione che hanno le persone tristi, sole e forse cattive.
Ho sognato che stava nella mia casa ed io dovevo prendermene cura. Ho sognato che aveva i capelli fini, come i miei, e la bocca carnosa, come la mia, e gli occhi d'acqua, uguali a quelli che ho quando sono triste, o c'è il il sole, o guardo il mare.
Ho sognato che mi faceva ribrezzo. E poi tenerezza. E che non volevo prendermene cura.
Ho sognato le sue lacrime e il suo silenzio.
Ho sognato tutto questo. E il mattino dopo me ne sono dimenticata. Facendo colazione non la ricordavo più.
Poi ho visto nello specchio che ho due linee dure tra il naso e la bocca. E che i miei occhi sono chiari ma cerchiati di scuro, attorno all'iride. Che la mia pelle è bianca con righe sottili. Che i miei capelli sono lievi e lisci anche se li vorrei forti e mossi (capelli in cui passare le dita e rimanere incastrati, invece si scivola via, dai miei capelli e da me si scivola via).
E poi ho pensato a tutte le volte che sto in silenzio. Di parole ne ho tante. Ma sto in silenzio.
E ho pensato a cosa vorrei dire, che non è mai una cosa sola, ma sono tante. Così tante che non hanno suono. Solo un mormorio sottile. Una vibrazione di sottofondo.
E ho pensato che non importa. Chi vuole ascolta. Al di là del rumore di sottofondo, chi vuole ascolta.
E poi però è successo che qualcuno (che non leggerà) mi ha detto che stavo scambiando la paura e la timidezza con la superbia
Non dire. Non fare. Non respirare. E presupporre che qualcuno ascolterà quello che non hai detto e amerà quello che non hai fatto.
Un atto di superbia
La pretesa di essere capiti. La pretesa di essere accuditi.
La pretesa degli dei.
Una bella pretesa.
Allora, solo allora, mi sono ricordata di quella vecchia e delle sue lacrime dense. Quella vecchia senza timidezza o paura, che chiedeva a gran voce.
Con la sua bruttezza e le sue rughe.
E sono andata a cercarla.
Quella vecchiaccia.
La sto cercando.
Per prendermene cura.
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