Individuare il punto esatto della salvezza, in questi giorni, è una missione.
Io faccio la conta.
Conto quando schiaccio il pulsante dell'ascensore. Uno. Conto quando apro il portone di casa. Due. Conto quando apro il cancelletto dell'area cani. Tre. Conto se uso il telefono (forse l'ho appoggiato quando ho pagato le sigarette o mentre ero alla cassa del supermercato, forse è contaminato). Quattro, cinque, sei. Conto i passi tra me e quella persona incontrata per caso, sette, otto, nove (ma non ne doveva bastare uno?).
Non ho mai contato con tanta attenzione.
Conto gli sfioramenti, i tocchi, le invasioni di campo.
I metri.
Per difendersi si proteggono i confini, per sopravvivere si demarcano i confini, per vincere si costruiscono confini.
E gli esseri umani sono territori con la pelle sottile.
Quindi, va bene, rispettiamo i limiti e facciamo tutto come si deve: usciamo poco, cerchiamo di essere cauti, responsabili, attenti.
Ma facciamolo con grazia. Non servono armi, non è una guerra.
Teniamoci per mano.
Teniamo per mano anche chi si mette a contare (come me), chi prende il treno perché è soffocato dall'angoscia, chi non sa affrontare il silenzio della sua casa, chi ha bambini a cui spiegare che le città si fermano ma il tempo no, chi riempie il frigo e svuota il supermercato, chi si droga di amuchina, chi cerca di salvare se stesso pensando che è colpa dello stato, dei cinesi, della globalizzazione, dei giornali e sempre, sempre, degli altri.
Ecco, teniamo per mano, soprattutto, chi pensa che la colpa sia degli altri.
Gli altri siamo noi.
Teniamoci per mano con cautela e rispetto. Con mani da cui abbiamo tolto la rabbia e la paura.
Con mani lavate.
#esercizidilibertà (ancheiohopaura)
Io faccio la conta.
Conto quando schiaccio il pulsante dell'ascensore. Uno. Conto quando apro il portone di casa. Due. Conto quando apro il cancelletto dell'area cani. Tre. Conto se uso il telefono (forse l'ho appoggiato quando ho pagato le sigarette o mentre ero alla cassa del supermercato, forse è contaminato). Quattro, cinque, sei. Conto i passi tra me e quella persona incontrata per caso, sette, otto, nove (ma non ne doveva bastare uno?).
Non ho mai contato con tanta attenzione.
Conto gli sfioramenti, i tocchi, le invasioni di campo.
I metri.
Per difendersi si proteggono i confini, per sopravvivere si demarcano i confini, per vincere si costruiscono confini.
E gli esseri umani sono territori con la pelle sottile.
Quindi, va bene, rispettiamo i limiti e facciamo tutto come si deve: usciamo poco, cerchiamo di essere cauti, responsabili, attenti.
Ma facciamolo con grazia. Non servono armi, non è una guerra.
Teniamoci per mano.
Teniamo per mano anche chi si mette a contare (come me), chi prende il treno perché è soffocato dall'angoscia, chi non sa affrontare il silenzio della sua casa, chi ha bambini a cui spiegare che le città si fermano ma il tempo no, chi riempie il frigo e svuota il supermercato, chi si droga di amuchina, chi cerca di salvare se stesso pensando che è colpa dello stato, dei cinesi, della globalizzazione, dei giornali e sempre, sempre, degli altri.
Ecco, teniamo per mano, soprattutto, chi pensa che la colpa sia degli altri.
Gli altri siamo noi.
Teniamoci per mano con cautela e rispetto. Con mani da cui abbiamo tolto la rabbia e la paura.
Con mani lavate.
#esercizidilibertà (ancheiohopaura)