Il me spione allunga l’occhio alle agende altrui.
Il me spione aguzza l’udito allo squillare del telefono, ovviamente non il suo.
Il me spione si interessa di cose che non lo riguardano.
Il me spione mi accompagna da molti anni.
La prima volta che ha dato traccia di sé stava frugando in un armadio.
Scartabellava in faldoni segreti contenenti carteggi segreti con parole segrete che lui leggeva segretamente.
Il me spione ha sempre un’opinione su quello che succede. Un’idea precisa del come del quando e del chi.
E conosce anche il perché.
Lui procede per soluzioni, non per alternative. Ha sempre una sola, univoca, immodificabile versione dei fatti.
Il me spione conosce il mio stato d’animo.
Sa come mi sento, sa come devo sentirmi (di solito maluccio, dopo che mi ha raccontato le sue scoperte, ma lui mi ama di più quando sono triste, dice che la tristezza mi rende bella).
Il me spione è un po’ invadente. Parecchio invadente. Mi sta addosso fino a togliermi il respiro. Mi convince a ad aprire i cassetti chiusi e ad annusare i vestiti altrui a spiare le foto, le bacheche, i diari, i gps, gli msn, gli sms, le app, i whapp, le call, le phone, i time e le doppie spunte.
Il me spione è sicuramente internazionale ed esperto di informatica.
Intuire, scoprire, omettere. Sono i principi base dello spione doc.
La prima regola è quella di non dire mai quello che mi rivela. Devo stare zitta. Il me spione si beve le mie parole. Tutte.
Mi lascia muta.
Eppure in questi giorni mi ha lasciato campo libero.
Non so esattamente cosa gli sia successo, ma comunque non c’è.
Allora ho deciso di ricambiarlo con la stessa moneta e ho spiato nei suoi diari.
Sono vuoti. Tutti vuoti. Nemmeno un segreto. Nemmeno un segreto piccolino. Nulla.
Così li ho rubati. E adesso ci scrivo io, quello che mi pare.
(Per dirla tutta, ho anche buttato via la chiave dell'armadio. Così non mi vengono tentazioni.
Né a me, né a lui. )
Il me spione aguzza l’udito allo squillare del telefono, ovviamente non il suo.
Il me spione si interessa di cose che non lo riguardano.
Il me spione mi accompagna da molti anni.
La prima volta che ha dato traccia di sé stava frugando in un armadio.
Scartabellava in faldoni segreti contenenti carteggi segreti con parole segrete che lui leggeva segretamente.
Il me spione ha sempre un’opinione su quello che succede. Un’idea precisa del come del quando e del chi.
E conosce anche il perché.
Lui procede per soluzioni, non per alternative. Ha sempre una sola, univoca, immodificabile versione dei fatti.
Il me spione conosce il mio stato d’animo.
Sa come mi sento, sa come devo sentirmi (di solito maluccio, dopo che mi ha raccontato le sue scoperte, ma lui mi ama di più quando sono triste, dice che la tristezza mi rende bella).
Il me spione è un po’ invadente. Parecchio invadente. Mi sta addosso fino a togliermi il respiro. Mi convince a ad aprire i cassetti chiusi e ad annusare i vestiti altrui a spiare le foto, le bacheche, i diari, i gps, gli msn, gli sms, le app, i whapp, le call, le phone, i time e le doppie spunte.
Il me spione è sicuramente internazionale ed esperto di informatica.
Intuire, scoprire, omettere. Sono i principi base dello spione doc.
La prima regola è quella di non dire mai quello che mi rivela. Devo stare zitta. Il me spione si beve le mie parole. Tutte.
Mi lascia muta.
Eppure in questi giorni mi ha lasciato campo libero.
Non so esattamente cosa gli sia successo, ma comunque non c’è.
Allora ho deciso di ricambiarlo con la stessa moneta e ho spiato nei suoi diari.
Sono vuoti. Tutti vuoti. Nemmeno un segreto. Nemmeno un segreto piccolino. Nulla.
Così li ho rubati. E adesso ci scrivo io, quello che mi pare.
(Per dirla tutta, ho anche buttato via la chiave dell'armadio. Così non mi vengono tentazioni.
Né a me, né a lui. )