Devo scrivere Non correre Amleto.
E allora penso.
Penso a quello che dovrei scrivere. Cerco segni, sintomi, sogni (per citare i CSI).
Devo scrivere e ho tre parole in testa.
Assenza. Spazio. Superstiti.
Cosa rende l'assenza mancanza?
Per morte, per lontananza, per scelta.
Quando si smette di essere?
Una mano su una schiena lascia un'impronta cocente.
Penso.
Un corpo non è che occupazione, lecita o illecita, di spazio. Un corpo è massa, sostanza, peso sul corpo di un altro.
Contro il corpo di un altro.
Penso.
Ma un corpo non è un mucchio di sassi.
Il calore di un corpo si dice.
Ma un corpo non è una stufa.
Il sostegno di un abbraccio si dice.
Ma il corpo si regge su un equilibrio precario, due piedi non sono un'ancora.
E la vicinanza fisica è rara, estemporanea, breve. Rimane in quel tempo e in quello spazio, che è frammento.
Si perde. Nella giornata si perde. A colazione si perde. Mentre leggo si perde. Se lavoro si perde.
Il tempo vince il corpo. Il tempo vince.
E allora il corpo è soprattutto il suo ricordo. Un ricordo da risvegliare ogni tanto, non troppo. Per non perdere l'eccezione nella quotidianità.
Non è male e basta saperlo.
Ma se il padrone di quel corpo manca?
Il corpo non c'è, il peso non c'è.
Eppure l'impronta si sente.
Quella rimane.
E' lì, nella distanza tra corpo e ricordo, che la mancanza diventa assenza.
E' in quel vuoto.
E chi sopravvive?
Che se ne fa di quel vuoto?
altri post
E allora penso.
Penso a quello che dovrei scrivere. Cerco segni, sintomi, sogni (per citare i CSI).
Devo scrivere e ho tre parole in testa.
Assenza. Spazio. Superstiti.
Cosa rende l'assenza mancanza?
Per morte, per lontananza, per scelta.
Quando si smette di essere?
Una mano su una schiena lascia un'impronta cocente.
Penso.
Un corpo non è che occupazione, lecita o illecita, di spazio. Un corpo è massa, sostanza, peso sul corpo di un altro.
Contro il corpo di un altro.
Penso.
Ma un corpo non è un mucchio di sassi.
Il calore di un corpo si dice.
Ma un corpo non è una stufa.
Il sostegno di un abbraccio si dice.
Ma il corpo si regge su un equilibrio precario, due piedi non sono un'ancora.
E la vicinanza fisica è rara, estemporanea, breve. Rimane in quel tempo e in quello spazio, che è frammento.
Si perde. Nella giornata si perde. A colazione si perde. Mentre leggo si perde. Se lavoro si perde.
Il tempo vince il corpo. Il tempo vince.
E allora il corpo è soprattutto il suo ricordo. Un ricordo da risvegliare ogni tanto, non troppo. Per non perdere l'eccezione nella quotidianità.
Non è male e basta saperlo.
Ma se il padrone di quel corpo manca?
Il corpo non c'è, il peso non c'è.
Eppure l'impronta si sente.
Quella rimane.
E' lì, nella distanza tra corpo e ricordo, che la mancanza diventa assenza.
E' in quel vuoto.
E chi sopravvive?
Che se ne fa di quel vuoto?
altri post