Ovvero, come imparare a scomparire.
Da bambini si gioca. "Io non ci sono. Mamma tu non mi vedi". I genitori stanno al gioco, quando sono genitori spiritosi. In alcuni casi purtroppo esagerano, creando piccoli traumi ai loro figlioletti che finiscono per sentirsi invisibili persino da adulti.
Comunque.
Si può sparire in vari modi. Smettendo di rispondere al telefono o dandosi alla macchia, per esempio (anche se io annovero questi comportamenti più tra le fughe...), lavorando sulla propria magrezza fisica (atteggiamento un po' patologico), oppure, semplicemente, assumendo una posizione neutrale.
Un po' come fanno gli animali che hanno paura e, accecati dai fari di un'auto, se ne stanno fermi, immobili.
Se non mi muovo, se non fiato, se non respiro, forse non mi vedranno, forse non esisto.
Sicuramente non mi succederà nulla di male.
Una meravigliosa fantasia.
Perché se l'automobilista non è molto sensibile, estremamente pronto di riflessi e completamente sobrio, l'impatto è pressoché inevitabile.
Esistere e riuscire a non esistere è cosa non comune.
Per questo forse ho sempre anelato alla sparizione. Sparire non è umano, è divino. E a nessuno piace sentirsi normale, per non dire mortale.
Ultimamente sto cambiando idea.
Non appena intravedo i fari dell'auto che sta per investirmi mi interrogo su quale sia la reazione migliore da avere.
Forse potrei sbracciarmi, mi dico, o urlare o scrivere velocemente "sono qui!!!" su un cartello, o buttarmi a lato della strada, o lanciarmi contro alla macchina in corsa sperando di avere dalla mia la forza dell'attacco.
Ma mentre rifletto la macchina si avvicina.
Pericolosamente.
Ecco. Sui tempi di reazione devo ancora lavorare.
Da bambini si gioca. "Io non ci sono. Mamma tu non mi vedi". I genitori stanno al gioco, quando sono genitori spiritosi. In alcuni casi purtroppo esagerano, creando piccoli traumi ai loro figlioletti che finiscono per sentirsi invisibili persino da adulti.
Comunque.
Si può sparire in vari modi. Smettendo di rispondere al telefono o dandosi alla macchia, per esempio (anche se io annovero questi comportamenti più tra le fughe...), lavorando sulla propria magrezza fisica (atteggiamento un po' patologico), oppure, semplicemente, assumendo una posizione neutrale.
Un po' come fanno gli animali che hanno paura e, accecati dai fari di un'auto, se ne stanno fermi, immobili.
Se non mi muovo, se non fiato, se non respiro, forse non mi vedranno, forse non esisto.
Sicuramente non mi succederà nulla di male.
Una meravigliosa fantasia.
Perché se l'automobilista non è molto sensibile, estremamente pronto di riflessi e completamente sobrio, l'impatto è pressoché inevitabile.
Esistere e riuscire a non esistere è cosa non comune.
Per questo forse ho sempre anelato alla sparizione. Sparire non è umano, è divino. E a nessuno piace sentirsi normale, per non dire mortale.
Ultimamente sto cambiando idea.
Non appena intravedo i fari dell'auto che sta per investirmi mi interrogo su quale sia la reazione migliore da avere.
Forse potrei sbracciarmi, mi dico, o urlare o scrivere velocemente "sono qui!!!" su un cartello, o buttarmi a lato della strada, o lanciarmi contro alla macchina in corsa sperando di avere dalla mia la forza dell'attacco.
Ma mentre rifletto la macchina si avvicina.
Pericolosamente.
Ecco. Sui tempi di reazione devo ancora lavorare.